Ho scoperto che alcune mie foto sono state pubblicate sul sito phica.eu senza il mio consenso

Foto prese dai miei social: non solo immagini in costume, ma anche momenti privati, pubblici, legati alla mia attività politica. Le hanno messe lì accompagnandole con commenti volgari, sessisti, schifosi.
Tutto è partito da un post del 2024: “Vicesegretaria del PD Lazio, trovo sia veramente fisicata questa ragazza. Davvero tanta roba. Che ne pensate?”.
Da lì, per mesi, una discussione aggiornata ogni volta che spuntava una nuova foto “interessante”, con commenti dal “Che lato B ragazzi mmm” fino a “Devo darle un voto di sb**ra”, “La sfonderei subito” e altri che preferisco non scrivere.
Non è un caso isolato.
Dopo il gruppo Facebook “Mia moglie”, ecco un’altra piattaforma che vive violando la nostra libertà e dignità.
Un sito che pubblica video e foto di donne senza permesso, lasciando spazio a centinaia di commenti violenti e predatori.
In particolare, ho trovato un’intera sezione dedicata a me, nella parte sulle donne in politica. Alcuni commenti parlano del mio corpo dal vivo.
Significa che sono persone che mi conoscono. Che mi guardano. Che mi seguono. Che si sentono autorizzati a parlare di me come fossi roba loro.
Purtroppo non sono sola.
Su quel sito ci sono sezioni dedicate a ragazze e donne di Latina, di Aprilia, di tutta Italia.
Eppure, nonostante episodi così gravi siano sempre più frequenti, c’è ancora chi minimizza. Chi dice che sia “uno scherzo”, “un gioco innocente”, “solo complimenti”. Ma le molestie non sono complimenti. Non riguardano la bellezza, ma il controllo, il possesso, il potere, il diritto che qualcuno pensa di esercitare sui nostri corpi.
E c’è ancora chi colpevolizza noi: perché abbiamo pubblicato una foto in costume, perché indossato una gonna corta, perché ci siamo mostrate con un vestito scollato.
Come se la responsabilità fosse nostra.
Come se il nostro corpo fosse sempre disponibile, pubblico, a disposizione degli occhi, delle parole e delle mani maschili.
Io la chiamo col suo nome: cultura dello stupro.
Becera, vomitevole, inaccettabile. Una cultura che legittima e giustifica la violenza, che ridicolizza chi denuncia, che colpevolizza le vittime invece di chi agisce.
Figlia di una cultura patriarcale che normalizza l’idea che il corpo delle donne sia da possedere.
Ho denunciato tutto alla Polizia Postale.
Invito tutte e tutti voi a fare lo stesso: denunciare, segnalare, non restare in silenzio.
Ma so bene che non basta.
E so bene che l’indignazione non è più sufficiente.
Abbiamo bisogno di risposte immediate.
Di protezione, leggi applicate, prevenzione nelle scuole, educazione al consenso e al rispetto per cambiare una cultura che rende “normale” ciò che normale non è.
Abbiamo bisogno che gli uomini si assumano le proprie responsabilità.
Abbiamo bisogno che la società intera smetta di minimizzare e giustificare.
Oggi sono schifata. Arrabbiata. Delusa.
Ma non posso tacere.
Perché questa storia non riguarda solo me.
Riguarda tutte noi.
Riguarda il nostro diritto di essere libere, rispettate, di vivere senza paura.
E continuerò a parlarne. Sempre.





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